
Alessandro Zambelli è tra i fondatori di PADIGLIONEITALIA, ma soprattutto è un designer. Abbiamo chiesto a lui di raccontarci qualcosa del suo lavoro.
Come inizia la storia del tuo studio?
Dopo gli studi di musica e di design, le prime esperienze professionali le ho avute in Dada e successivamente in Agape, due aziende italiane importanti nel mondo del design. Sono state opportunità che mi hanno permesso di affiancare nello sviluppo dei progetti designer di fama internazionale.
Queste sono state due grandi scuole che mi hanno permesso di intraprendere successivamente la mia attività come studio.
La parola “design” deriva dal latino signum, che non significa altro che “disegnare”. E tu quale definizione daresti alla parola “design”?
La traduzione di un concetto in materia fruibile, cercando di suscitare interesse e riflessione nel maggior numero di persone. Non meno il piacere personale di dar forma a un proprio pensiero.
A quali bisogni dovrebbe rispondere?
Credo che oggi, aggiungere nuovi oggetti alla molteplicità dell’esistente sia quasi inutile, a meno di non farlo con un approccio differente.
Ogni cosa va ripensata dandole un senso contemporaneo, un valore aggiunto che vada oltre la funzione, altrimenti che evoluzione si realizza?
Lavorare su livelli di comunicazione differenti, suscitare un sorriso, un’emozione laddove si compie un atto creativo, fare della tecnica il punto di partenza, non quello d’arrivo, sono alcuni degli obiettivi che tento di perseguire nel mio lavoro.
Un oggetto secondo me dev’essere un compagno di vita, qualcosa del quale puoi forse tranquillamente fare a meno, ma nel momento in cui decidi di farlo tuo, ti deve far star meglio, ti deve divertire oltre che piacere.
Dove trovi l’ispirazione?
Tendenzialmente al mio passato e alle esperienze che mi hanno donato emozioni.
Tento ogni volta di inserire quei concetti o situazioni che mi sono particolarmente familiari, rimandi che mi fanno sentire a mio agio guardando l’oggetto che sto disegnando, gesti molto semplici o sensazioni che ognuno di noi può percepire.
Guardando le tue creazioni mi vengono in mente le opere Dada. Ti trovi in sintonia con la filosofia del Dadaismo?
E’ una corrente molto interessante, così come i periodi del Bauhaus, del Futurismo e le Avanguardie in genere. Il design italiano del secondo dopoguerra soprattutto in ambito industriale.
Apprezzo molto i manifesti del 900 perché sono fondamenta della modernità e del concetto di design.
Quale oggetto, tra quelli che hai realizzato, ami di più?
Quello che farò domani, perché quello pensato oggi mi ha già ripagato.
Battute a parte, amo vedere tutti i miei oggetti insieme, é come se poco a poco stessi costruendo un mio piccolo mondo, una sorta di soffitta dei balocchi per un bimbo.
Chi è, secondo te, un maestro del design da non dimenticare?
Gio Ponti
Quanto sono importanti le tendenze passate nella realizzazione di progetto all’avanguardia?
Il passato è importante in ogni ambito, la storia ci insegna come costruire il futuro.
Nel design moderno estetica e funzionalità vanno di pari passo. Tu cosa ne pensi?
Mi pare si possano considerate le fondamenta del design, senza una di queste variabili probabilmente sconfineremmo in altri linguaggi o forme di produzione.
Nel tuo “manifesto” si parla di creatività condivisa. Di che cosa si tratta e cos’è il progetto “PadiglioneItalia”?
L’idea “PadiglioneItalia” è nata con Gio Tirotto durante una merenda a base di salumi piacentini, penso sia stata la chiave di volta per la creazione di una serie di collegamenti tra amici e professionisti del settore.
PadiglioneItalia non è solo un’associazione culturale, ma un “luogo” di condivisione e di confronto per le future generazioni del design.
L’apertura verso nuove collaborazioni, facendo rete con i colleghi, ritengo porti a progetti comuni di notevole importanza, oltre a un accrescimento delle conoscenze personali.